venerdì 13 dicembre 2013

DRONI, ARRIVA LA REGOLAMENTAZIONE DELL'ENAC SUI VOLI APR, IN UN LABIRINDO DI CERTIFICAZIONI, AUTORIZZAZIONI E BREVETTI (A PAGAMENTO). UN MODO PER LIMITARE LO SVILUPPO DI UNA NUOVA ATTIVITA' PRODUTTIVA CHE IN ITALIA POTREBBE APRIRE NUOVI ORIZZONTI PROFESSIONALI NEL MONDO DEL LAVORO


L'Enac, Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, varerà lunedì una regolamentazione per il volo dei droni a pilotaggio remoto, ossia senza pilota a bordo, classificati con l’acronimo Apr. La soglia massima relativa all'altezza di volo pare sarà fissata a 150 metri di altezza (anche se in un precedente documento il limite era stato fissato a 70 metri) per qui velivoli con un peso sotto ai 20 chilogrammi; vale a dire tutti quei modelli che oggi hanno raggiunto una grandissima diffusione anche sul nostro mercato nazionale.

Si tratta di aeromobili a propulsione elettrica, a quattro, sei e a otto motori, che vengono venduti e assemblati con la finalità di impiego ad indirizzo fotografico e per le riprese aeree, oltre che per usi specifici nel monitoraggio del territorio e della security. Il compromesso più difficile da gestire, anche da parte dell’Enac, è quello di riuscire a classificare e quindi a regolamentarne l’uso, anche per quei velivoli o droni ufficialmente venduti come “giocattoli” con tanto di dealer per la commercializzazione in tutta Europa e negli Usa. La questione è dunque complessa, anche in virtù della sofisticazione di queste piccole macchine volanti ad altissima tecnologia, capaci di essere programmate anche per voli con mappatura a gestione automatica con l’ausilio di un sistema gps, che permette a queste macchine, in caso di avaria, l’atterraggio automatico, individuando il punto esatto di partenza dopo averlo registrato nei suoi parametri di volo.

Per quanto possa sembrare, la regolamentazione è assai complessa, in quanto deve integrare tutte quelle condizioni di sicurezza relativi al volo, secondo un quadro di riferimento internazionale che va ancora delineandosi, secondo requisiti e criteri che necessiteranno un allineamento con quelli che sono gli assetti regolamentari internazionali nel campo dei velivoli Apr. La sua applicabilità è finalizzata ai sensi del Regolamento del parlamento europeo e del Consiglio (Ce) N°216/2008.

Proprio per questa complessità nel decifrare quelle che sono le applicazioni regolamentari in base alle applicazioni specifiche del drone, si sollevano naturali interrogativi su come gestire una normativa che, a primo impatto, sembra fin troppo sproporzionata rispetto al reale utilizzo del velivolo. Infatti, per un piccolo drone del peso fino a 2 kg, l’Enac prevede sì dei requisiti semplificati rispetto a quelli previsti per i velivoli fino a 20 kg di peso, ma pur sempre l’acquisizione di una serie di autorizzazioni complesse sia nel caso di “operazioni specializzate in spazi aerei segregati o controllati” che in quelle che trattano “attività di volo sperimentale in spazi aerei segregati”.

Inoltre, per questo tipo di droni Apr, l’attività di volo è consentita solo in condizioni di Vlos (Visual Line of Sight), ossia di volo a vista senza dispositivi Fpv, quindi senza l’ausilio di un monitor con ricevitore di immagini. Per le autorizzazioni di rito, al pilota è richiesta una certificazione sull’attestazione di competenze relative ad un addestramento adeguato per il tipo di Apr e una relativa licenza di pilotaggio ed aver raggiunto la maggiore età. Inoltre, la dichiarazione di stipula di un’assicurazione per la copertura della responsabilità civile, che molte compagnie assicuratrici non riconoscono!

Bisognerà quindi acquisire una sorta di «brevetto di volo» per poter utilizzare i droni attualmente in libera vendita. E qui nasce l’equivoco. Come tutte le iniziative legislative italiane, che apparentemente tutelano e regolano il corretto funzionamento di quelli che sono i nuovi sistemi hi-tech della tecnologia moderna per l'applicazione civile, in questo caso il volo con droni Apr, non esiste un coordinamento chiaro in grado di assecondare anche le richieste a tutela di tutte quelle aziende che già utilizzano questi sistemi per motivi lavorativi (con le dovute precauzioni per la sicurezza), e quindi garantiscono fatturato in un momento così critico per l'economia nazionale.

Sul sito dell'Enac, da canto suo, non vi è traccia di nessuna bozza relativa ad una regolamentazione specifica sui “droni” nell’abito del volo sul territorio nazionale. Per trovare qualcosa relativa ad una sorta di bozza di regolamento relativo a questi dispositivi, abbiamo dovuto spulciare nelle “normative” contenute nel sito (http://www.enac.gov.it/La_Normativa/Normativa_Enac/Consultazione_Normativa/info-905363687.html).

Un dettaglio, quest'ultimo, non da poco, visto che molti società e privati hanno effettuato significativi investimenti in questo settore, pur di trovare nuove alternative ad un mercato ormai saturo e in grande crisi.

Cosa accadrà allora per i possessori dei droni e per quelle aziende che hanno già pianificato accordi e contratti per la gestione di servizi alle aziende e sul territorio? Visti i problemi economici del Paese, è facile pensare che quest'ultima trovata (giusta per molti versi) possa nascondere però una serie di percorso ad ostacoli e quindi una serie di autorizzazioni a pagamento che finirebbero per porre una barriera insormontabile allo sviluppo di nuovi settori nell'ambito del lavoro. Quanto peserà economicamente e a livello burocratico tutta questa normativa per chi si appresta ad un volo con un drone, magari per una serie di fotografie aeree? Non sarebbe meglio fare un distinguo più netto fra regolamentazione aeronautica commerciale e quella relativa al volo di un piccolo velivolo elettrico di appena 2 chilogrammi di peso?  

Massimo Manfregola

http://youtu.be/21zBQgjOcqQ

giovedì 5 dicembre 2013

LA CORTE COSTITUZIONALE CENSURA IL PORCELLUM, LA SUA ATTUALE LEGGE ELETTORALE, E DICHIARA IL GOVERNO INCOSTITUZIONALE. FRA GRAVI ANOMALIE E UNA DEMOCRAZIA IN RISERVA DI OSSIGENO, LA POLITICA NON DEMORDE E CONTINUA LA SUA MARCIA LETALE


Da questo momento è ufficiale: questo governo e persino l’elezione del presidente della Repubblica sono riconosciuti incostituzionali. Vale a dire che il sistema, con il quale si è giunti alle elezioni delle principali cariche dello stato, sarebbe antidemocratico. O meglio, non garantisce quelle norme di democrazia popolare sancite dalla nostra Costituzione. Il verdetto giunge dai giudici della Consulta, relativamente al “Porcellum”, ossia la legge numero 270 del 21 dicembre 2005 dell’allora ministro delle Riforme Roberto Calderoli, che modificava la precedente legge (276 e 277) del 1993 del “Mattarellum”, introducendo un sistema elettorale radicalmente diverso, che abrogava il proporzionale per il maggioritario.

Se con il “Mattarellum” l’elettore poteva esprimere la sua preferenza con due schede, una per la camera dei Deputati e l’altra per il Senato, con l’attuale “Porcellum”, invece, coloro che si apprestano al voto possono farlo solo per le liste dei candidati, senza avere la possibilità di indicare le preferenze. A differenza di quanto invece avviene per le elezioni europee, regionali e comunali. Con il “Porcellum”, sono quindi i partiti a scegliere il nome dei parlamentari e non certo gli elettori.

Parte da questo punto, dunque, quell’anomalia partorita e autogestita dagli stessi partiti per la formazione di quelli che sono i governi che si sono succeduti dall’entrata in vigore dell’ultima legge elettorale. Dal 4 dicembre 2013 la Corte costituzionale (detta anche Consulta) ha censurato l’attuale sistema elettorale del “Porcellum” - il cui nomignolo scaturisce da un’espressione ruspante dello stesso Calderoli, che la definì appunto «una porcata» - che prevede un premio di maggioranza sia per la Camera (dei Deputati) che al Senato, e che “blocca” le liste elettorali nella funzione in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.

Ritorno al futuro, dunque, anzi, al passato, vista l’esigenza di rifondare il vecchio sistema elettorale perché su quello attuale incombe il pesante fardello della incostituzionalità. Ma in un paese come l’Italia, dove la democrazia è ormai un optional e le leggi vengono riformate in funzione delle esigenze della politica e non certo nell’interesse dei cittadini, non è questa la sola grave anomalia del sistema governativo. Se la Corte dei Conti decidesse un giorno di indagare sul fatto che molti governi hanno approvato bilanci dello Stato senza l’opportuna copertura finanziaria, così come vuole la nostra Costituzione, saremmo in grado di capire il motivo di fondo per cui l’Italia ha accumulato un debito pubblico così preoccupante al punto da imporre tasse e balzelli da primato mondiale.

Siamo dunque un paese in piena recessione economica e in riserva di ossigeno. L’Italia vive (sopravvive) in uno stato di abusivismo democratico da quasi dieci anni, perpetrato da questa politica nazionale che è salita alla ribalta della cronaca per gli abusi di potere, per la corruzione dilagante, per l’incapacità di risolvere i problemi di un paese ormai martoriato e umiliato. Eppure nessuno dei nostri rappresentanti politici si sente fuori posto. Nessuno ha mai mostrato nessuna forma di imbarazzo di fronte ad una situazione che in altri paesi avrebbe provocato a dir poco scompiglio fra gli esponenti politici di un contesto civile e democratico.

Attaccati alle loro poltrone come fa un polpo con i suoi tentacoli allo scoglio, i nostri rappresentanti della politica e delle istituzioni hanno edificato la loro roccaforte su una poltrona dorata, pagata profumatamente dai contribuenti, a totale sprègio per le regole del buon senso e della stessa Costituzione.

Cosa succede a questo punto? L’attuale governo Letta dovrebbe prendere in seria considerazione il monito sulla sentenza della Consulta e avviare le consultazioni per avviare le procedure per una nuova legge elettorale che possa consentire di andare al voto e ristabilire il regime di democrazia e di costituzionalità. Ma nessun rappresentante di questo governo delle intese tradite (ai danni del popolo e degli elettori) ha in mente di “autocensurarsi” e quindi fare in modo da lasciare al volere del popolo il destino di un nuovo governo eletto democraticamente. I tempi per una nuova legge elettorale – che tutti i partiti di questo governo si erano detti pronti a mettere in agenda – si allungheranno inevitabilmente fino al semestre italiano di presidenza Ue, motivo per cui Letta e company si sono assicurati il loro scranno almeno fino alla fine del 2014!

Intanto questo governo ha appena ottenuto la Fiducia per rinnovare le «Missioni di Pace» italiane per altri 265 milioni di euro per i prossimi tre mesi, quando in Italia si continua a morire per la mancanza della messa in sicurezza del territorio nazionale, devastato da un pericoloso dissesto idrogeologico, frutto di abusi edilizi, mazzette e di facili concessioni. L’Italia è questa!

Massimo Manfregola

giovedì 24 ottobre 2013

È COMINCIATA LA GRANDE FUGA DALL’ITALIA. GOVERNI INADEGUATI E CORRUZIONE HANNO SPENTO LE LUCI SUL BEL PAESE



La grande fuga è leitmotiv della generazione di imprenditori e lavoratori costretti a fuggire da un’Italia madre e matrigna. Come nel film interpretato da Steve McQueen, gli italiani scappano dal Bel Paese come i prigionieri del famoso film di John Sturges del 1963 dai campi di concentramento tedeschi della Seconda guerra mondiale. La corruzione politica, l’approvazione dei bilanci dello Stato senza l’opportuna copertura, la burocrazia lenta e costosa, la giustizia miope e inefficiente e una speculazione bancaria e finanziaria, diretta conseguenza di una commistione insanabile fra politica e poteri forti dello Stato, hanno immobilizzato il ceto medio della società; azzerato le risorse dei piccoli risparmiatori; demotivato e indebolito la piccola impresa e intaccato gravemente la fiducia dei cittadini verso le istituzioni dello Stato.

Continuare a spalare fango in questa palude tricolore è ormai inutile e pericoloso per il rischio di esserne sommersi. Scappare da una situazione sempre più critica e minacciosa per il futuro di molti italiani è ormai l’istinto primordiale di chiunque si appresti a spalancare le finestre della sua abitazione ogni mattina. Sempre che una casa ancora ce l’abbia, perché, fra il disastro della riforma del Lavoro a firma di Elsa Fornero che si è consumata nella solenne austerità europeizzata del governo Monti e lo spettro della crisi globale che ha spinto le imprese a chiudere i battenti e quindi a licenziare, molte famiglie sono state fagocitate dalle banche per l’impossibilità di onorare il credito del mutuo che avevano sottoscritto per la loro prima casa. Si commenta da solo l'effetto dei Professori, che miscelano teoria e interessi personali, senza tener conto del fatto che è assurdo e criminale adottare delle riforme così rigorose in un momento in cui anche un bambino capirebbe che si aggraverebbe la situazione.

In Italia, per un imprenditore che voglia riscuotere il proprio credito da un cattivo debitore (che sia lo Stato o il privato) l’impresa è assai difficile se non impossibile. Alla beffa del mancato incasso dopo il servizio erogato, vi è una burocrazia assurda e leggi inadeguate che, invece di garantire la parte lesa, sempre più spesso finiscono per punire e aggravare la situazione già critica dell’imprenditore di turno. Chi si espone al rischio di intraprendere un’azione giudiziaria per decreto ingiuntivo nei confronti del debitore, deve sapere che oltre ai costi per istruire la pratica legale, dovrà mettere in conto la beffa per cui l’agenzia delle Entrate pretende il versamento sul saldo della fattura emessa e non incassata, della tassa sull’Ires e Irap! Una pretesa incostituzionale se consideriamo che lo Stato esige il pagamento delle tasse anche su incassi mai avvenuti e di cui non si può garantire il suo incasso, proprio per le gravi e inammissibili lungaggini della giustizia italiana.

La concorrenza sui mercati nazionali da parte di aziende di origine extraeuropee, facilitata da regole inadeguate e accordi internazionali discutibili, ha messo in ginocchio l’economia produttiva dell’artigianato di casa nostra e di quelle aziende che potevano vantare una tradizione centenaria nell’ambito di prodotti di largo consumo. Colpa di una globalizzazione indiscriminata che i nostri governi non hanno saputo e non hanno voluto gestire nell’interesse di una sovranità nazionale, tradita e mortificata da visioni demagogiche di una politica sempre più affarista. L’illusione ormai sbiadita di un’Europa unita ed efficiente si riflette nella crisi che attanaglia molti paesi della piattaforma Ue. Una crisi, quella della moneta unica che circola impietosa nell’ambito di paesi con realtà strutturali diversissime fra loro, che mostra il suo lato peggiore nei confronti di quelle nazioni che continuano a subire i diktat franco-tedesco in un esercizio al massacro che alimenta la disgregazione politica e diseguaglianza fra i cittadini dell’area Europa.

Una fantomatica Europa che allunga i suoi tentacoli anche sull’economia nazionale, imponendo ipotetici “patti di stabilità” che di fatto generano situazioni instabili e pericolose per l’efficienza nazionale. Molti comuni italiani sono in riserva di ossigeno, al punto che il taglio dei finanziamenti dello Stato, proprio per fronteggiare quell’accordo europeo del 1997 (Psc), patto di stabilità e crescita, nell’ottica di politiche di bilancio disattese e improponibili, ha costretto molte giunte comunali a fare cassa proprio sui cittadini, troppo spesso attraverso esose sanzioni comminate agli automobilisti locali. In questa meschina hit parade c’è Milano che, grazie alle multe intascate dagli automobilisti (già tartassati dal rialzo dei prezzi dei carburanti e delle polizze assicurative), può vantare un incasso di 2.491.000 euro! Di questi, il 25% dovrebbe essere reinvestito nella manutenzione stradale e nella messa in sicurezza delle strade. Sarà vero?

E intanto la grande fuga delle imprese italiane accelera. In testa a questo piccolo plotone di instancabili “valorosi” c’è la Brianza, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Essere imprenditori in una nazione come la Svizzera è assai più facile che in Italia: si può aprire una nuova azienda in un’ora di tempo! Il peso fiscale è circa la metà di quello che grava sulla teste degli imprenditori italiani, e il pagamento delle fatture prevede un tempo massimo di 30 giorni e la flessibilità del lavoro, sia in uscita che in entrata, è garantita e non certo virtuale e articolata come nel Bel Paese. Gli ultimi rapporti sullo stato sociale sono allarmanti: quello stilato dall’economista Pizzuti ci indica che il 70% dei flussi finanziari provenienti dai fondi pensioni va all’estero, e solo una parte del restante viene investito in azioni nelle imprese italiane.

La politica nazionale, dunque, non assolve al suo dovere. Per dirla con una battuta che molti appassionati di motori apprezzeranno, finché la politica “national championship” avrà budget miliardari, molti si guarderanno bene dal vestire la stessa toga o di consumare i polsini su una cattedra universitaria, per indossare, invece, casco e tuta e buttarsi in "pista" pur di fare numero, in un campionato per dinosauri incalliti, dove tutto è lecito perché le regole del gioco si cambiano con la stessa disinvoltura con la quale si gettano in lavatrice le mutande sporche...

Massimo Manfregola

®RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 7 ottobre 2013

ASSOLTO PERCHÈ IL FATTO NON SUSSISTE. LA CORTE D'APPELLO RIBALTA IL VERDETTO DI PRIMO GRADO. ENNESIMO ERRORE DELLA GIUSTIZIA E A PAGARE SONO SEMPRE I CONTRIBUENTI


L'Avv. Danilo Penna
Nicola Nuzzolese è stato assolto con formula piena. Una notizia, quella che si è diffusa dopo il pronunciamento della Corte d'appello di Bari, che in prima battuta potrebbe sembrare priva di un certo interesse, se non fosse per il fatto che il protagonista di questa assurda e drammatica vicenda, ha scontato sei mesi di reclusione dopo l'arresto avvenuto il 29 agosto del 2006 con l'accusa di abuso di minore. Il fatto ci riporta indietro alla tragica vicenda dei bambini di Gravina, Francesco e Salvatore Pappalardi, trovati morti in un pozzo di un palazzo disabitato della cittadina pugliese. Le accuse di abuso di minore, sarebbero riconducibile al filone d'inchiesta sulla morte dei bambini "Ciccio" e "Tore" .

Nicola Nuzzolese, compagno della mamma dei due poveri bambini, si trovò coinvolto in questa assurda e penosa situazione a causa delle indagini che sfiorarono anche la vita del convivente della signora Rosa Carlucci. Gli inquirenti arrivarono alla conclusione di avere elementi sufficienti per far scattare le misure di custodia cautelare a carico di Nuzzolese, emesse allora dal gip della Procura di Bari Jolanda Carrieri, su richiesta del sostituto procuratore Antonino Lupo.

Il legale difensore di Nicola Nuzzolese, l'avv. Danilo Penna (nella foto), dopo anni di dibattimenti e di carte bollate, nel processo d'Appello è riuscito a ribaltare la sentenza di primo grado, che lo aveva condannato, nel febbraio del 2011, alla pena di quattro anni di reclusione. Sicuro sin dal primo momento dell'innocenza del suo assistito, l'avv. Penna del foro di Bari, in questi anni non ha mai avuto dubbi sulla inconsistenza delle accuse che per anni hanno condizionato la vita del suo assistito, e per questo si è battuto senza incertezze fino alla felice conclusione di questa brutta e infamante avventura.

È l'ennesima conferma di quanto la giustizia in Italia sia amministrata male e di quanto possa essere rischioso per un normale cittadino incappare in errori tanto gravi quanto madornali. Adesso Nicola Nuzzolese, così come fece Filippo Pappalardi (il papà dei bambini di Gravina) a seguito del suo arresto del 2007 e della sua reclusione in carcere per 130 giorni prima che l'indagine a suo carico venisse archiviata, richiederà un indennizzo di 516 mila euro a carico dello Stato, e quindi dei contribuenti italiani. Chi ha sbagliato, ancora una volta non paga.

Massimo Manfregola


© RIPRODUZIONE RISERVATA

venerdì 14 giugno 2013

ECCO IL DRONE, IL MULTIROTORE POLIFUNZIONALE PER LE APPLICAZIONI PIU' SVARIATE


Con il primo volo pubblico europeo dell'aereo senza pilota "nEuron" si è ufficialmente aperta una nuova era nell'ambito del pilotaggio remoto. Dai "Predator", aerei robot da ricognizione ad uso militare dal 2005, si è passati all'acquisizione di questa tecnologia anche per velivoli elettrici ad uso civile. Ecco che appaiono sul mercato i primi droni radiocomandati, multirotori multifunzione in grado di assecondare un range di utilizzo davvero eccezionale vista la loro versatilità e il loro facile utilizzo, legato soprattutto alle loro ridotte dimensioni e alle caratteristiche tecniche del velivolo. 

Dalla fotografia e alle riprese aeree, l'utilizzo dei droni di ultimissima generazione ha un impiego sempre più specializzato anche nell'ambito della protezione civile, dove sono struttati per trasportare medicinali e viveri di primaria necessità anche in zone impervie. Per la sorveglianza militare e civile, l'utilizzo di queste macchine volanti a propulsione elettrica è fondamentale, grazie ad un controllo satellitare che permette di pianificare e programmare a tavolino il piano di volo e quindi di rientro a terra con autopilota. 

In commercio ve ne sono di diversi tipi e dimensioni. La tecnologia prevede soluzioni raffinatissime a livello strutturale ed elettronico. La struttura portante di un drone è di tipo stellare, dove sulle estremità sono posizionati motori elettrici ad alte prestazioni. La fibra di carbonio, kevlar e il titanio sono sono prevalentemente le componenti di questi piccoli agglomerati di ingengneria aeronautica. Funzionano con speciali batterie al litio a più celle e sviluppano una autonomia di volo di circa 10 minuti a seconda dei modelli. Un tempo apparentemente esiguo, ma sufficientemente ragionevole per coprire in poco tempo distanze ragguardevoli anche in ambienti ostili e all'interno di edifici pericolanti, nei quali risulta elevato il rischio per un eventuale intervento di personale di soccorso. 

Come per i Predator, prodotti e venduti dalla società statunitense General Atomic Aeronautical Systems, anche molti droni attualmente in commercio adottano una tecnologia americana, anche se in Italia sono numerose le aziende produttrici che si stanno imponendo sul mercato nazionale ed europeo. Un velivolo di questo tipo a multirotori può raggiungere un'altezza massima anche superiore ai 150 metri ed essere progettato per gestire telecamere e macchine fotografiche professionali superleggere e compatte del peso di appena 74 grammi, come nel caso della GoPro. Un drone professionale può arrivara a costare anche 20 mila euro. 

Ma in commercio ci sono modelli pronti al volo del costo di circa 600 euro. Tutto dipende dal tipo di utilizzo che si vuole fare e soprattutto dal livello di personalizzazione in funzione del loro utilizzo. È da premettere che pilotare un multirotore con queste caratteristiche non è affatto un gioco: manovrabilità, gestione e applicazioni satellitari di sicurezza necessitano di una conoscenza approfondita della materia e soprattutto di una responsabilità e di un impegno professionale di altissimo livello. Ogni dettaglio viene studiato a tavolino. Ogni nuovo accessorio viene testato. Ogni elemento viene sostituito dopo un certo numero di ore, e la manutenzione ordinaria è di tipo completa dopo ogni volo. Nulla è lasciato al caso!

Intanto la velocità di sviluppo di queste nuove tecnologie sta aprendo nuovi orizzonti per le sue applicazioni. Gli obiettivi che prima erano raggiungibili solo ed esclusivamente con un elicottero e con un piccolo aereo da turismo, oggi è possibile raggiungerli disponendo una tecnologia di questo tipo, e di gran lunga più economica rispetto ai sistemi tradizionali, che si spera trovi sempre maggiori applicazioni per i fabbisogni reali dell'uomo e per la salvaguardia e il monitoraggio del territorio animale e vegetale.


 
Massimo Manfregola

Per informazioni e preventivi: masman@masman.com

www.masman.com




lunedì 6 maggio 2013

GRECIA, UN DRAMMA DIMENTICATO E OCCULTATO DAI MASS-MEDIA LOTTIZZATI DALLA FINANZA EUROPEA. I BAMBINI SONO RIDOTTI ALLA FAME!


I bambini sono i più dimenticati dalla crisi che ha colpito la Grecia. E' il The New York Times a raccogliere le drammatiche testimonianze vissuta quotidianamente dai più piccoli.

I cronisti del The New York Times sono entrati nelle scuole, hanno interrogato i presidi, i direttori degli istituti scolastici per scoprire che quasi il 50% dei bimbi soffre di carenza alimentare. Questa una testimonianza: «Leonidas Nikas (il preside ndr) è abituato a vedere i bambini giocare, ridere e sognare il futuro ma recentemente è comparso alla sua vista qualcosa di totalmente diverso: bambini che si fanno aiutare dai compagni per raccogliere cibo all’interno dei bidoni della spazzatura. Bambini piegati dai morsi dalla fame».

«Ci sono bambini che a casa non mangiano quasi niente - spiega ancora il direttore di un istituto scolastico di Atene che continua. «Una volta mi è capitato di parlare con i genitori di un bambino che sono apparsi subito in imbarazzo e pieni di vergogna. Mi hanno raccontato dell’impossibilità di trovare un lavoro, della fine dei loro risparmi e di una vita portata avanti con razioni di pasta e ketchup». Nikas spiega che in Grecia si è arrivati al punto che i bambini arrivano in classe affamati e «oggi le famiglie non hanno solo difficoltà nel trovare lavoro ma a sopravvivere».

La disoccupazione greca ha raggiunto picchi del 27%, tra i più alti in Europa e sei persone su dieci non riescono a trovare lavoro da almeno un anno.
L’anno scorso, circa il 10% degli studenti delle elementari e delle medie della Grecia soffriva di “insicurezza alimentare” e, ad oggi, la situazione non è cambiata: «Quando si tratta di insicurezza alimentare, la Grecia è arrivata ai livelli di alcuni paesi africani» ha rivelato Athena Linos della Athens Medical School.


Le scuole greche, a differenza di alcune straniere, non offrono pranzi in mensa: gli studenti devono portarlo da casa o possono acquistarlo all’interno della scuola ma il costo di una mensa è inaccettabile per le famiglie greche che non hanno di che campare.

Nel 2012 l’Unicef ha evidenziato che il 26% delle famiglie greche ha un tenore alimentare scarso a causa della crisi, il fenomeno inizialmente riguardava solo gli immigrati ma adesso ha a che fare anche tra i cittadini. «Non dico che l’Europa abbia il dovere di aiutarci, dobbiamo iniziare anche tra di noi a farlo. Le persone dovrebbero comportarsi come fanno le famiglie in questa scuola che aiutano quelle più disagiate, altrimenti siamo spacciati» ha concluso Leonidas Nikas.

Fonte: Giornalettismo
http://www.dailygreen.it/news/item/1549-grecia-un-dramma-dimenticato-i-bambini-alla-fame